Fukushima “fu errore umano”. Il mondo dell’energia impari

Il responso ufficiale alla fine arrivò. Non fu una falla della tecnologia nucleare a causare il disastro a catena di Fukushima, l’11 marzo 2011. Fu tutta, ma proprio tutta, colpa dell’uomo, delle colpevoli negligenze degli operatori. E, ancor più grave, dei controllori. E poi dell’ondata di bugie e omissioni che seguirono primo guasto. E poi ancora della pessima gestione degli eventi. Insomma, il rapporto finale della commissione indipendente di esperti (Naiic) voluta dal parlamento giapponese al termine dell’indagine di sei mesi ci dice in sostanza che fu tutta colpa dell’uomo e non dell’atomo.

Il messaggio è chiaro. Confortante per un verso e sconfortante per l’altro: guai a considerare pregiudizialmente insicura l’energia dall’atomo, ma guai a non rivedere completamente fin dalle radici due cose. La prima: il mito dell’efficienza giapponese, che va radicalmente messo in discussione. La seconda: il sistema di governance di tutta la filiera operativa nucleare, che va ricostruito dalle fondamenta, affidandolo al controllo e al monitoraggio di organismi possibilmente sovranazionali. Solo così il nucleare potrà ripartire. Solo così potremo proiettarci verso il cosiddetto nucleare sicuro di quarta generazione.

Le avvisaglie di quello che effettivamente è accaduto in Giappone c’erano state, eccome. A sollevare il velo sullo scenario erano state prima autorevoli indiscrezioni e poi conferme esplicite di quello che va considerata a tutti gli effetti una tragica catena di errori umani. I cui effetti sono stati per giunta arginati solo dall’atteggiamento di paradossale (per i giapponesi) disubbidienza di uno dei pochi che si vollero rendere conto degli eventi e della necessità di forzare la mano alla cupola di sconsiderati manovratori (clicca qui) .

Sta di fatto che la catena di negligenze sul nucleare nipponico non è un fenomeno dell’ultima ora. È anzi una prassi consolidata, riferisce con efficacia il portale specializzato eGazette (www.egazette.it) citando il rapporto appena diffuso. Ecco che le “possibilità di adottare misure adeguate in tempo”, sono state “tutte disattese” a causa della “connivenza” tra i regolatori e la società gestrice, la Tepco, che hanno portato al “crollo” delle funzioni di vigilanza. Tant’è che sin dal al 2006 le authority (Nisa) e le utility ben sapevano che con uno tsunami capace di raggiungere la centrale l’alimentazione elettrica sarebbe saltata, bloccando i sistemi di raffreddamento e innescando la catastrofe. Tuttavia “nessun provvedimento è stato mai adottato”.

Non basta. “L’intervento diretto” dell’allora premier, Naoto Kan, e di altri su questioni che avrebbero dovuto essere lasciate agli esperti (magari “veri” e realmente capaci) ha creato “confusione nella catena di comando e portato a una perdita di tempo”. A creare ulteriori problemi sono state le “lacune organizzative nella utility” sul sito dell’incidente e di formazione del personale di fronte alle emergenze. Così la “negligenza dei regolatori sull’aggiornamento delle misure contro i disastri nucleari” e i ritardi nell’evacuazione hanno portato “all’inutile esposizione alle radiazioni di migliaia di persone”. Il mondo osservi. Impari. Non rinunci al nucleare. Ma ricostruisca, da capo, tutto quel che gli sta intorno.

 

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