Nucleare made in Italy, la moratoria che c’era già. Ma di nascosto

Riflettere sui disastri per metterci davvero “al sicuro”. Allora tutti fermi per un anno, con una moratoria del piano per il ritorno all'energia nucleare. Lo ha deciso ufficialmente, per decreto, il Governo. Ma per bloccare davvero il nostro rinascimento nucleare non c’era bisogno né di un decreto né di una decisione ufficiale. Tant’è che tutto era già stato fatto. Da tempo. Fin dalle settimane successive al via libera, ufficiale, alla nostra nuova corsa all’atomo elettrico. Una triste commedia dell’assurdo, tutta italiana, nei resoconti del nostro giornale. Qui di seguito la versione estesa dell’analisi pubblicata oggi. I fatti e gli antefatti in questo blog.

Mai moratoria fu più agevole. Mai moratoria fu più insidiosa. Per gli stessi identici motivi. Moratoria agevole perché a ben guardare non fa altro che istituzionalizzare uno scollamento tra i proclami sul Rinascimento nucleare italiano e una tempistica ormai cronicamente ritardata. Ecco l’anno e passa di “moratoria” (solo che non si chiamava così) che il Governo si è concesso per battezzare l'agenzia per la sicurezza nucleare, il presupposto tecnico ma anche mediatico di tutta l'operazione. Non a caso alla guida dell'organismo è stato scelto, da poco, il popolare oncologo Umberto Veronesi. Che però si aggira, solo figurativamente, tra uffici che non ci sono, sede che non c’è, personale ancora da reclutare. “Noi cinque, intanto ci vediamo al bar” si sfogava solo pochi giorni fa Veronesi riferendosi al manipolo di quattro commissari nominati per affiancarlo nel traballante compito.

 E che dire del più importante dei decreti legislativi che doveva dare sostanza al piano nucleare lanciato con la legge “sviluppo” dell'estate di due anni fa? varato anche se in ritardo nel marzo dello scorso anno il decreto legislativo su criteri per scegliere i siti delle centrali e per compensare la gente lì intorno è stato contestato dagli enti locali, bocciato dalla Corte Costituzionale proprio perché non garantiva i requisiti minimi del confronto con le regioni, riproposto solo nei giorni scorsi con qualche correzione formale e ora, quasi provvidenzialmente, caduto nel limbo della moratoria.

Ma a mostrarci quanto sia agevole e insieme insidiosa questa moratoria è l'oscuro destino del vero provvedimento cruciale del piano sul nostro nuovo atomo elettrico: il documento programmatico sulla strategia nucleare. Non poca cosa. Anzi, cosa grandissima. Perché questo documento, anch’esso ultra-ritardatario (doveva essere realtà nella seconda metà dello scorso anno) prometteva in realtà di essere un vero piano energetico nazionale: il nucleare doveva rappresentare un importante tassello in un minuzioso percorso che doveva disegnare il nostro scenario energetico da qui a venti o trent’anni riempiendo di contenuti l’obiettivo ideale del 25-25-25, inteso come un quarto di elettricità nazionale dall’atomo, un quarto dalle rinnovabili (come del resto ci impone la Ue) e “solo” la metà da fonti fossili.

Ma ecco che cosa ha deciso ieri il governo: nella moratoria cade anche il documento programmatico sulla strategia nucleare. Traduzione: tra un ripensamento (ora conclamato) e l'altro, fra un ritardo (pervicacemente negato) e l'altro, a guadagnarsi una imbarazzante moratoria è proprio il nuovo piano energetico nazionale, da tempo atteso a prescindere dalle scelte nucleari.

Cosa fare a questo punto? In attesa che i politici si esibiscano tracciando uno scenario coerente (sarebbe loro dovere) qualche considerazione è d'obbligo.

L'interscambio di energia, come già quello delle materie prime (quelle petrolifere in testa), sta diventando cosa assolutamente sovranazionale. Diciamo, nel caso dell'energia elettrica e di ciò che serve produrla, sempre più europea. E sono tre i grandi filoni energetici che la moratoria comunque europea sul nucleare alimenterà nei prossimi, probabilmente molti, anni: l'industria delle rinnovabili, l'uso “ad interim” del già straripante gas metano e un protagonista dai contorni che in questi giorni ci possono sembrare paradossali, ma così non è: il nucleare. Proprio il nucleare, inteso come perfezionamento del nucleare attuale, magari proiettato verso un affinamento della sicurezza dei reattori come quelli che noi volevamo usare (il francese Epr frutto della joint che non si sa che fine farà tra Enel o Edf, o l'americano AP 1000), o direttamente verso la quarta generazione per la quale si traccia un orizzonte temporale di almeno trent'anni ma che può forse essere accelerata.

Sulle rinnovabili il governo sta cercando proprio in questi giorni il non facile equilibrio dei costi a carico di tutti gli italiani per sostenerne lo sviluppo e l'installazione. Forse sarebbe il caso, visto che ci siamo di privilegiare ciò che finora è mancato davvero: la creazione di una filiera industriale degli apparati, che finora abbiamo largamente comprato dalla Cina o dalla più vicina Germania.

La ricerca sul nucleare? Qualche interrogativo sul ruolo del depauperatissimo Enea sarebbe d’obbligo.

E il gas metano, di cui l'Italia è campione assoluto di uso, non avendo appunto il nucleare ed essendo assai riottosa nell'uso del carbone? Un po' di rara lungimiranza e un po' la combinazione dei grandi giochi internazionali ci regalano, a ben guardare, uno scenario assai favorevole. Sta per entrare in funzione il nuovo mega-gasdotto Galsi dall’Algeria (almeno 10 miliardi di metri cubi l'anno, ben oltre il 10% del nostro attuale fabbisogno). Lambiranno l'Italia i nuovi gasdotti che si contendono le nuove vie dall'oriente all'Europa (South Stream, Nabucco), mentre la momentanea interruzione del flusso di metano dalla Libia non ci sta procurando troppi problemi. Domanda: perché non dare retta a un uomo capace come Alessandro Ortis, l'ex presidente della nostra Authority per l'energia e facessimo nel nostro paese un grande e sicuramente profittevole hub del gas per tutta l'Europa, che con la crisi del nucleare chiederà sicuramente quote aggiuntive di metano? Un quesito, tra i tanti, ai quali il nostro Governo potrebbe e dovrebbe, bontà sua, rispondere quanto prima.

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