Roma, morte al diesel (e alle vere politiche ambientali). E lunga vita alla Monnezza

Per fortuna a salvare Roma dal decesso per inquinamento corredato di olezzi mefitici c’è (per ora) il ponentino, il provvidenziale vento regalato dal mare lì a due passi. L’oppressione dei tempi moderni si chiama “Monnezza” (la declinazione romana di rifiuti urbani, in maiuscolo vista la mole) che marcisce per strada e nei cassonetti, liberando effluvi (che puzzano) e metano (che inquina) in quantità. Cosa fa l’amministrazione capitolina? Vieta, da questi giorni, la circolazione alle automobili diesel Euro 3. Cosa promette di fare qualche anno? Vietare del tutto delle auto a gasolio all’interno dell’“anello ferroviario”. Qualcuno apprezzerà se non altro la buona volontà. Chi ha qualche consapevolezza di che cosa inquina davvero, e che cosa andrebbe fatto, può trasecolare. Si tratta di scelte sciagurate, elusive, sbagliate, controproducenti.

Cominciamo dal presente. Le 100mila auto diesel Euro 3 messe al bando inquinano una frazione di quello che fanno i cassonetti lasciati regolarmente marcire per giorni se non per settimane, anche se nel primo caso si tratta di una prevalenza di inquinamento da particolato e nel secondo caso di olezzi e metano prodotto dalla decomposizione. Sta di fatto che risolvere il problema della Monnezza continua a scontrarsi con il coagulo tra inefficienza e incapacità, mentre bloccare le auto è facile, alla faccia della evidente discriminazione a danno di chi non può permettersi di sostituire il proprio mezzo. E magari non può neanche permettersi di ricorrere all’inganno istituzionalizzato. Quello che a Roma consente di circolare installando un impianto ibrido a metano e gasolio del costo di quasi 3000 euro che, come spiegano i tecnici, limita solo un po’ il problema delle emissioni visto che il carburante bruciato è sempre un mix tra i due.

E veniamo al futuro: la criminalizzazione del diesel promette di raggiungere a Roma il punto più alto dell’insipienza. Il Campidoglio rinnova periodicamente l’annuncio-promessa: entro qualche anno tutti i diesel, anche quelli che rispondono alle ultimissime normative antinquinamento, saranno banditi dall’area cittadina. Gli esperti inorridiscono: i test sulle emissioni dei diesel che rispondono alla normativa Euro 6 dimostrano che le loro emissioni non superano o in alcuni casi sono addirittura inferiori, in tutti i parametri compresi quelli relativi agli ossidi di azoto, a quelle dei motori a benzina. Va detto che l’azione capitolina in questo è in buona (si fa per dire) compagnia: non sono pochi i politici in giro per l’Europa che minacciano di imboccare la stessa strada.

Risultato: la criminalizzazione dei diesel meno inquinanti sta uccidendo il mercato delle auto a gasolio, con danni non solo per l’industria ma anche per anche, paradossalmente, per l’ambiente, visto che l’efficienza complessiva dei motori diesel di ultima generazione (chilometri percorsi per litro di carburante) continua a mostrare consistenti vantaggi rispetto alle motorizzazioni a benzina. Tutto ciò con la negazione di quello che dovrebbe essere il principio guida delle politiche ambientali: la neutralità tecnologica. Che significa semplicemente la definizione di un risultato finale obbligatorio, lasciando all’impresa, alla scienza e al mercato, la ricerca della migliore soluzione per raggiungerlo. Nel caso specifico: non un divieto ad una motorizzazione (diesel o benzina, o gas o qualcosa di altro) ma semplicemente l’obbligo di rispettare determinati parametri di emissione. Punto e basta.

Lunghissimo nel frattempo l’elenco di che cosa non si fa a Roma combattere l’inquinamento, non solo sullo sciagurato fronte della gestione dei rifiuti urbani. Cosa (non) si fa, nell’area comunale, per censire controllare le emissioni della quantità di nuovo crescente di impianti di riscaldamento a biomasse o a pellet, che come spiegano i tecnici hanno bisogno di una manutenzione continua altrimenti dopo un paio di anni triplicano fino a 80 volte le emissioni non solo di particolato ma anche di benzopirene, prodotto della combustione altamente cancerogeno? Non sarebbe il caso di sottoporli ai rigidi controlli previsti per le caldaie a gas murali? E lo stesso dovrebbe valere, a guardar bene, per tante altre piccole o grandi fonti di emissione. Ad esempio i forni a legna delle rinomate e numerosissime pizzerie romane: gli esperti ci dicono che se non correttamente dotati di impianti di abbattimento è filtraggio emettono il doppio di monossido di carbonio e ossidi di zolfo rispetto ai limiti di legge.

About Federico Rendina

Federico Rendina, Roma 1954, giornalista professionista dal 1982. Si occupa di tecnologie, politica economica, concorrenza e mercati liberalizzati. Ha seguito in particolare il percorso di liberalizzazione delle telecomunicazioni e dell’energia. Ha lavorato al quotidiano Il Giorno, ha guidato la redazione di Roma del settimanale Mondo Economico, è stato giornalista parlamentare e inviato speciale del Sole 24 Ore. Ha una smodata passione per il fai-da-te, le motociclette, l'aranciata, le brioche, le barche a vela, lo sport praticato (buon sciatore, pensa di cavarsela a tennis ma non è vero). E’ uno dei pochi italiani refrattari al gioco del calcio. Silvia lo ha sposato. Vive tra Roma e Milano.

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