L’energia intelligente, quella capace di combinare le rinnovabili con l’efficienza energetica, ha da noi un nemico: la burocrazia. Uno smacco per i nostri governanti, che proprio in queste settimane propagandano la creazione di una nuova strategia energetica nazionale all’insegna, appunto, di nuovi criteri guida per promuovere le nuove tecnologie, le rinnovabili anche “fatte in casa”, e dunque l’ autoproduzione, la mobilità elettrica. Con un drastico via libera – si promette – allo scambio in rete dell’energia magari prodotta in proprio e accumulata nei momenti di sovrabbondanza. È la chiave per aprire il nuovo mondo: i singoli cittadini concorrono a spingere perché il paese si doti di quote aggiuntive di produzione rinnovabile; l’industria nazionale degli apparati di controllo (che è già forte e apprezzata in tutto il mondo) può trovare linfa vitale; l’auto elettrica può diventare l’accumulatore non solo personale ma al servizio della comunità. Il business ne guadagna, l’ambiente pure. L’intero paese si fa bello. E invece no. Perché chi vuole avventurarsi nel nuovo mondo invece di avere la gratitudine delle istituzioni e destinato a un più che probabile calvario.
Prova ne sia la vicenda narrata dagli esperti di Qualenergia sulla scorta dell’odissea burocratica afflitta a un benemerito (non per le istituzioni, evidentemente) cittadino che aveva l’ambizione di trasformarsi, proprio sull’onda delle nuove promesse di “agevolazione” formulate dai nostri politici, in un volenteroso ”prosumer” energetico, insomma un consumatore e produttore di elettricità orientato all’efficienza e alla tutela ambientale. Già, perché oggi la tecnologia consente di installare sul tetto di casa un impianto fotovoltaico della potenza equivalente ai classici 3 kW dell’utenza standard domestica con poco più di 10mila euro, poco più di un terzo rispetto a 10 anni fa. Con un tempo di ritorno dell’investimento di pochi anni, se l’impianto è correttamente integrato con la rete per poter scambiare energia secondo le regole ufficiali. Ma ecco gli intralci. Ecco lo slalom tra norme farraginose, carteggi estenuanti, interlocutori che si rimpallano responsabilità ed errori. Uno “sportello” unico, con una procedura chiara e coerente? Ad oggi rimane un sogno. E il volenteroso cittadino, con relativo impianto ”verde”, resta al palo. La storia, narrata nei particolari, la trovate qui: La storia di Stefano